Cosa sono i bot, la tendenza digitale del 2017?

No, questa volta il Governo non c’entra nulla. I bot di oggi non sono i titoli di credito emessi dal Tesoro per finanziare il debito pubblico, ma dei software in grado di riconoscere le richieste degli utenti e di rispondere in modo automatizzato, efficace ed immediato alle loro necessità.

Secondo il CEO di Microsoft, Satya Nadella, i bot sono le nuove app; ma, in realtà, mentre le app devono essere scaricate e installate, i bot richiedono semplicemente di essere attivati all’interno delle applicazioni e dei programmi già in uso, senza alcun download.

Proprio per questo motivo potremmo dire che i bot, più che essere le nuove app, vanno a potenziarne le funzionalità interattive già esistenti.

Le tipologie di bot

Gli esperti suddividono i bot in tre categorie:

  • chatbot: si tratta di bot che utilizzano i programmi di chat (come Telegram o Slack) per comunicare con gli utenti. Sono la categoria di bot più diffusa;
  • app in-app: si tratta di mini-applicazioni che risiedono all’interno di altre app e che contengono un’interfaccia di chat per poter comunicare con i bot;
  • bot vocali: si tratta di bot (come Siri o Cortana) in grado di interpretare le richieste vocali degli utenti e di utilizzare il web per rispondere alle loro necessità.

Frutto di un mondo in cui le persone tendono a concentrare, sempre di più, le proprie attività sulle piattaforme di instant messaging, i bot rappresentano un cambiamento dirompente in grado di modificare industries, processi e interazioni.

Potenzialità e ambiti di applicazione

I bot hanno le potenzialità per:

  • migliorare il customer service;
  • semplificare e ampliare le possibilità di utilizzo degli e-commerce;
  • creare engagement a livello ancora più personale;
  • potenziare la customer experience;
  • integrarsi in modo organico nella brand experience;
  • rendere più facile la condivisione di dati sensibili (ad esempio nel banking);
  • generare interessanti opportunità di service integration;
  • migliorare i programmi di loyalty.

Per quanto concerne, in particolare, il customer service, i chatbot potrebbero sostituire con successo, il cosiddetto help-desk di primo livello, processando dispositivi di comando, come la comprensione della segnalazione di un guasto (ed il tracciamento dello stato del trouble-shooting), il cambiamento di un piano tariffario, la richiesta di un preventivo, ecc., fino ad arrivare a ipotizzare uno scenario “human-in-the-loop” in cui gli operatori umani forniranno un supporto di secondo o terzo livello, “su richiesta” stessa dei chatbot.

Dal punto di vista degli utenti, quindi, le aziende potranno essere “misurate” e “valutate” anche rispetto alla capacità e velocità di risoluzione dei problemi con i bot.

La possibilità di creare risposte automatizzate, personalizzate e immediate consentirebbe di migliorare l’engagement, impattando positivamente sulla customer experience.

La tecnologia odierna permette, infatti, di ricostruire il percorso di contatto con l’azienda, il cosiddetto customer journey. Delineare il customer journey significa organizzare ed interpretare tutti i dati che abbiamo già a disposizione e che ci indicano in che modo il cliente ha cercato di interagire con noi. Da questa analisi, in genere, emerge che esistono dei punti di contatto di valore da presidiare direttamente e altri il cui controllo può essere in qualche modo automatizzato. Ed è proprio qui che intervengono i bot che, potendo interagire e rispondere 24 ore su 24 alle richieste dei clienti e tenendo traccia di tutte le conversazioni, potranno aiutare le aziende a costruire un’esperienza davvero immersiva!